Abbiamo spesso posto l’attenzione sull’importanza e sulla necessità urgente di un cambiamento radicale e permanente verso un nuovo sistema di consumi che possa finalmente ridurre le emissioni di CO2 generate dal consumo di energia a combustione fossile.
Non è una novità però che, dopo il picco raggiunto attorno agli anni 2010-2011 per quanto riguarda la capacità installata nel settore del fotovoltaico, il trend sia fortemente rallentato e che ci troviamo purtroppo in ritardo rispetto alla tabella di marcia che era prevista per il 2030 e di conseguenza rispetto agli obiettivi di decarbonizzazione che guardano al 2050.
Stando a quanto riportato dall’Electricity Market Report presentato dalla Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano, infatti, si evince che le varie instabilità politiche hanno riportato in auge la necessità di centrare gli obiettivi di sicurezza energetica.
Il problema è che per poter tenere il passo per centrare gli obiettivi preposti, nel corso dei prossimi otto anni dovremmo essere pronti a tagliare le emissioni del 24%. Ciò significa che il consumo finale lordo di energia dovrà essere ridotto del 12%, che vorrebbe dire anche raddoppiare la produzione di energia derivante da fonti rinnovabili. Siamo perciò ancora lontani dagli obiettivi, nonostante il trend positivo registrato dal sistema GAUDÍ (Gestione Anagrafica Unica degli Impianti e Unità di produzione) nell’anno che si è appena concluso.
I dati Terna hanno riportato infatti un’Italia da record, che ha chiuso il 2023 con quasi 5 gigawatt di nuova potenza installata soltanto nel settore del fotovoltaico. Un picco che probabilmente il nostro Paese non toccava dai tempi del boom del settore e che ha trovato poi inevitabilmente un rallentamento a partire dal 2013 in poi. Sicuramente in questo caso è evidente il merito degli incentivi fiscali elargiti dal Superbonus 110%, nell’aver contribuito a spingere lo sviluppo delle nuove installazioni sul territorio, soprattutto per quanto riguarda il segmento residenziale: sempre secondo i dati forniti da Terna, il boom di questo segmento per il fotovoltaico ha contribuito al raggiungimento di oltre 4,5 gigawatt di nuova potenza installata sul territorio in soli undici mesi, contando l’attivazione di ben 342.381 nuovi impianti.
Numeri da record, che analizzati fuori dal contesto potrebbero far ben sperare, ma ci sono più fattori da tenere in considerazione. Primo, in relazione agli obiettivi da raggiungere, è un fatto oggettivo che nel lungo periodo lo slancio positivo derivante dagli incentivi fiscali è andato via via raffreddandosi, anche in seguito allo stop alla proroga del Superbonus, il che potrebbe implicare a lungo andare un rallentamento significativo, laddove si necessiterebbe di un’ulteriore spinta decisiva.
Secondo, c’è da considerare che il trend di crescita registrato nel corso dell’anno sul fotovoltaico è stato generato soprattutto dall’installazione di impianti che non superano i 20 kw di potenza – quindi impianti di piccola portata – fra cui sono incluse anche le installazioni residenziali, le quali difficilmente superano i 12 kw di potenza. Il segmento residenziale è quindi da considerarsi il principale motore di crescita per lo sviluppo dell’energia solare nel nostro Paese, avendo contribuito a generare circa 1.068 megawatt di nuova potenza e avendo avviato circa 329.549 nuove unità sul territorio. Ma non basta.
Oltretutto, se si considera il quadro complessivo e il confronto con la situazione in Europa per quanto riguarda l’energia rinnovabile, ci si accorgerà facilmente che c’è ancora tanta strada da fare. Secondo i dati forniti da Terna, l’Italia ha raggiunto oramai il 44% come percentuale di peso delle fonti green in rapporto all’energia messa in rete, ma è tuttavia ancora lontana dalle percentuali europee. Germania e Spagna sfiorano il 50%, seguite dalla Gran Bretagna e Francia, la quale sarebbe in testa se considerassimo anche il nucleare. Siamo sicuramente nella giusta direzione, ma occorre uno sforzo in più. Come afferma il Ceo di Edison per il Il Sole 24Ore, Nicola Monti «siamo lontani dalla velocità di crociera. Serve una visione più di sistema che comprenda accumuli, reti, innovazione e rilancio degli investimenti idroelettrici».
Una strategia più efficace potrebbe essere quella che miri allo sviluppo di settori che finora sono stati messi un po’ da parte, per così dire.
Il settore industriale ad esempio, potrebbe essere la chiave di volta per un’accelerazione del processo di migrazione verso le fonti green a tutto campo. Si parla di sostituire le tecnologie e i servizi che sono alimentati da combustibili fossili con delle alternative sostenibili e che utilizzino elettricità derivante dal consumo di fonti rinnovabili. Il processo di elettrificazione industriale è tanto ambizioso quanto necessario secondo l’ultimo rapporto di valutazione Ipcc, il quale lancia l’allerta sulla possibilità di non riuscire a raggiungere l’obiettivo fissato negli Accordi di Parigi nel 2015 di limitare l’aumento della temperatura globale sotto i 1,5°C. In questo senso, puntare sull’elettrificazione dell’industria globale significherebbe assicurarsi una fetta grandissima di mercato.
Il segmento industriale, stando a quanto riportato dalla AIE (l’Agenzia Internazionale dell’Energia) contribuisce infatti da solo a produrre circa un quarto delle emissioni globali di CO2. Una massiccia implementazione della digitalizzazione dell’intero processo attraverso l’automazione dei processi, formazione del personale, simulazione di scenari di produzione, sviluppo della tecnologia digitale per analizzare in maniera più efficace i dati operativi riducendo gli sprechi.
A livello europeo si prevede di elettrificare il 57% della domanda finale di energia entro il 2050 e già il 30% entro il 2030. Alcune tecnologie sono già disponibili o in via di sviluppo, come ad esempio l’intenzione di sostituire le turbine a vapore con motori completamente elettrici o la sostituzione di ribollitori o condensatori con delle pompe di calore, che hanno il vantaggio di poter ridurre l’intensità energetica per la produzione di vapore fino al 90%. Ad oggi, secondo quanto riportato da uno studio Reuters, circa i due terzi dell’energia prodotta dagli impianti industriali alimenti da fonti non rinnovabili vanno costantemente persi prima del loro effettivo utilizzo.
Al netto delle difficoltà di natura economica – da considerarsi principalmente connesse all’analisi dei costi/benefici per il settore, considerando il rapporto sfavorevole che esiste attualmente tra i prezzi dell’elettricità e del gas – il processo di elettrificazione industriale rappresenta un passo necessario e quanto più urgente per poter continuare a trainare il trend positivo già avviato in questi mesi.
Riduzione della tassazione e delle imposte sull’elettricità e sostegno alla tecnologia attraverso delle politiche mirate che possano attirare investimenti sicuri e possano inviare un chiaro messaggio sulla strada da percorrere per il futuro.